Il territorio comunale di Mason Vicentino, che comprende la frazione di Villaraspa, si trova a 104 mt s.l.m. ed occupa circa 12,066 Km2.
Dista dal capoluogo di provincia circa 23 km e confina a Nord con il Comune di Molvena, ad Est con il Comune di Pianezze, a Sud con il Comune di Schiavon e ad Ovest con i Comuni di Breganze e Fara Vicentino.
Geologia
Il territorio collinare di Mason è formato da terreni – derivati dalla degradazione di rocce basaltiche – molto fertili e particolarmente adatti alla coltivazione della vite e degli alberi da frutta. Tali rocce, appartenenti alla famiglia delle rocce magmatiche effusive, pesanti e di colore nero, si sono originate dalla solidificazione di lave vulcaniche profonde, ricche di minerali di ferro, magnesio e di polvere di silice (lave basiche). Le eruzioni di lava sono avvenute in diverse fasi successive, circa 30 milioni di anni fa (durante l’Oligocene-era Cenozoica), in ambiente sottomarino, e hanno portato alla formazione di uno scudo basaltico che è stato successivamente coinvolto, come gli strati sedimentari su cui poggia e da cui è coperto, nella formazione della piega a ginocchio (anticlinale) che si estende, con orientamento est-ovest, a nord di Caltrano, Calvene, Mortisa, Ponte, Crosara, Valrovina. L’anticlinale è stato generato da spinte orogenetiche dovute allo scontro tra la placca africana e quella europea e separa l’altopiano di Asiago (che si trova a nord), formato in prevalenza da rocce sedimentarie carbonatiche, dall’area pedemontana (a sud), comprendente anche le zone di Mason, Molvena, Mure, ecc. formate in prevalenza da rocce di origine magmatica (vulcanica).
II terreno pianeggiante di Mason, anch’esso molto fertile, è formato invece da depositi alluvionali e fluvioglaciali, che presentano un’alternanza di ghiaie e sabbie molto permeabili con limi e argille impermeabili. Stessa struttura ha la zona di fondovalle del torrente Laverda, che attraversa il territorio da nord a sud-est: qui si sono accumulati i detriti alluvionali e fluvioglaciali trasportati dall’acqua in periodi relativamente recenti (Quaternario). Sono comunque ben rappresentate anche le formazioni più antiche che affiorano più a monte, lungo il bacino del torrente. Si trovano infatti rocce calcaree più o meno marnose, marne, arenarie, conglomerati, argilliti oltre a basalti e a prodotti di esplosione vulcanica quali i tufi. É interessante ricordare che nella zona di Mure verso San Luca una volta si estraevano delle sabbie finissime molto ricche di silice utilizzate nella lavorazione dei marmi, nelle fonderie, nelle industrie vetrarie e, come abrasivo con il nome di soldame, nella pulizia delle pentole di rame (unito spesso all’aio fumante – acido solforico). In località Costabernardo poi, tra Molvena e San Luca, c’era una cava, ora abbandonata, di pietra da mola. Si può vedere ancora qualche pietra affiorare qua e là nel terreno.
Risorgive
Nella zona collinare e pianeggiante del territorio di Mason ci sono molte sorgenti di acqua, che traggono origine dal fatto che il basalto è una roccia che, nel suo processo di demolizione per opera degli agenti atmosferici, si trasforma in terreno argilloso impermeabile. L’acqua, trovando questi strati di argilla, che ne impediscono la prosecuzione a livello di sottosuolo, viene in superficie formando una polla. L’origine di una risorgiva può essere favorita anche da altri fenomeni. La formazione del basalto, ad esempio, è avvenuta prima dell’innalzamento orogenetico, che ha provocato la formazione della grande piega a ginocchio del margine sud dell’Altopiano di Asiago, quindi lo scudo basaltico, che di per sé sarebbe completamente impermeabile, interessato da questa flessione, in qualche punto si è fratturato. Il terreno, disgregandosi e formando argilla, ha riempito alcune fessure, mentre altre sono rimaste in collegamento con le cavità carsiche dell’Altopiano. L’acqua che cade in montagna non scorre in superficie, ma viene inghiottita subito dal terreno, per riemergere però più a valle in corrispondenza delle fessurazioni del basalto. Le risorgive si formano anche in pianura in condizioni di terreno leggermente digradante e dove le falde freatiche superficiali incontrano strati argillosi impermeabili, per cui l’acqua riaffiora in superficie. Le risorgive sono molto importanti, perché forniscono una quantità di acqua abbastanza omogenea e continua nel tempo, anche in periodi di precipitazioni scarse e venivano sfruttate anche anticamente nei periodi di siccità sia per uso domestico sia per l’irrigazione dei campi. Non a caso proprio all’altezza delle polle ci sono spesso le prese delle pompe di irrigazione o delle fontane. L’ambiente delle risorgive è molto particolare, con una vegetazione peculiare: in queste zone l’acqua è a temperatura quasi costante nell’arco dell’anno e quindi non risente delle fluttuazioni termiche atmosferiche. In queste condizioni vivono delle specie vegetali particolari, che si sono adattate a questo ambiente, ad esempio: i giunchi, che crescono molto bene nelle zone umide e ricche di acque ferme, gli ontani, i salici, i carici, ecc…
Fossi e torrenti
Il nostro territorio deve l’abbondanza dei suoi prodotti alle numerose sorgenti e ai corsi d’acqua dei torrenti Laverda, Ghebo e Riale che, ramificandosi, scendono a valle alimentando un complesso sistema di ruscelletti e rivoli, che uniti agli scoli dei colli irrigano tutta la campagna. Dalla fascia pede-collinare traggono origine ed alimentazione le falde artesiane del nostro sottosuolo, un sistema idrico che, per la produttività e per le caratteristiche organolettiche delle sue acque, viene valutato come il bacino più importante d’Europa. Canali e rogge, con i loro percorsi sinuosi e alberati svolgono un’importante funzione di irrigazione, formando anche un habitat ecologico di inestimabile valore. Le propaggini dei nostri colli formano due grandi bacini di confluenza e di raccolta dell’acqua, divisi dall’alveo del torrente Laverda: uno si situa a valle del colle di San Biagio e l’altro in località Roncaglia.
Rivoli e ruscelletti, uniti alle devastanti piene del Laverda, formavano anticamente una vasta zona paludosa che fu bonificata dai monaci Benedettini dei monasteri di San Gallo e San Biagio. L’ordine, retto dal monastero di Santa Giustina di Padova, segnò, alla fine del Medioevo, una delle pagine più affascinanti della nostra storia, ma non dobbiamo dimenticare che l’opera di canalizzazione fu poi perfezionata, per agevolare i propri interessi economici, dalla Serenissima Repubblica di Venezia.
Oggi molti torrentelli sono a tratti interrati, ma l’idrografia di Mason resta ricca, varia e articolata.
Partendo dai confini occidentali, verso Breganze troviamo gli scoli di via Fratta che, scendendo lungo il sentiero della “Césola”, alimentati da una fontana, servivano la grande vasca usata dalla filanda Malvezzi, poi Dal Degan, per confluire nel Riale del Bosco Grande di Breganze. Dalle propaggini di Costa d’Olio, il Rio Vaccara e il Río San Pietro scendono lungo il sentiero della Redi, formando il torrente Riale di Mason che, unendosi ai numerosi rivoli e fontane delle alture orientali di via Fratta e occidentali di via Costa, insieme a quelli delle propaggini della “Meja” (colli del cimitero) scendono al piano, verso i canali che attorniano la valle di San Biagio, dirigendosi verso località “Battaglione”.
Ai piedi del monastero, ora Villa Gualtiero, scorrono lo Spinà, il Fosso Fredo, il Traversagno e la Rodeta. Questo ricco sistema di canali costituisce il bacino del Riale che, unendosi a quello di Breganze e al Chiavone, alimenta poi il corso del Lavarda. Di una grande peschiera, alimentata da una fonte a est del colle di San Biagio, e ricchissima di bisate, tinche e rane, resta una modesta traccia in un rigagnolo che affiora in superficie. Il bacino fu riempito di rifiuti solidi urbani, ricoperto di terra e trasformato in vigneto.
La zona del cimitero formava una conca d’acqua stagnante, che ora confluisce più a valle. Il terreno umido e argilloso creava una “mojina”. Gli scoli di via Mercurio e del Rissajo (l’antica via Castagnaro e ora parte di via Castello) confluivano fino alla Rodeta di San Biagio. Nel versante opposto un ruscelletto scendeva lungo via Tarquinia, attraversava via Roma e la Gasparona, confluiva nel fossato lungo il campo sportivo, unendosi ad un ramo della Roggia Angarana per dirigersi, dopo il ponte “Quarelo” (ora ingresso del campo sportivo), verso San Biagio. L’acqua del torrente Lavarda alimenta la Roggia Angarana che, dopo averne attraversato il letto per ben tre volte e fornito un tempo forza motrice a molti opifici, scorre in campagna irrigando i terreni.
Il Laverdella e il Valderio, generano a Villaraspa il torrente Ghebo, un sistema intricato di corsi d’acqua che dalle pendici orientali di Molvena e Pianezze scende al piano confluendo nell’Astico. II Ghebo, che in località Roncaglia prende il nome di Ghebo Longhella, alimenta con le sue acque la Roggia Rossette in località Groppelle e la Roggia Corner a sud. A nord riceve l’acqua della Valle Oldelle, del torrente Ponterone, dello Scolo delle Fosse e del Collettore di Gronda, dello Scolo Colombare e della Roggia Marosticana.
Il toponimo “Fosse” indica un antico bacino paludoso bonificato dagli abitanti di Molvena in epoca imprecisata e comunque prima del 1546, anno della prima citazione di Contrà delle Fosse, attraverso lo scavo di una serie di canali di scolo tra i quali troviamo il Colatore e il vicino torrente Ponterone.
Altri piccoli rii minori, alimentati da sorgenti, costeggiano i terreni segnando le proprietà.
Numerosi pozzi fornivano acqua potabile alle contrade del paese e costituirono una risorsa importante fino alla costruzione dell’acquedotto comunale.